Ermacora, una cantina che son due
Ho dedicato una mattina alla visita della cantina Ermacora a Ipplis di Premariacco (UD) e per visitarla tutta avrei dovuto avere molto più tempo… è una tenuta grandissima, storica dei Colli Orientali e soprattutto è una cantina che in realtà sono due.
Avevo in mente questo articolo da un bel po’, ma ho temporeggiato cercando nei miei archivi alcune testimonianze della mia visita alla cantina Ermacora in tempi non sospetti: ricordo che faceva parte della lista dei preferiti stilata ancora nel lontano 2008, ma all’epoca non avevo la mania del telefonino a scatto facile e purtroppo non ho trovato nessuna foto.
L’occasione della visita è arrivata grazie al gentile invito di Demis Ermacora, che mi ha dato l’opportunità di scoprire cos’è oggi la sua cantina di famiglia e di come, con il passare del tempo, questa realtà abbia trovato il modo di mantenere in perfetto equilibrio la cura per il territorio e la qualità dei suoi vini.
Ad accogliermi nella sede principale dell’azienda è Nicola, che viene definito “il narratore” e ho capito perché: ha una bellissima capacità di raccontare, trasferisce in modo genuino la sua passione per la terra e per ogni momento delle attività nei vigneti e in cantina. Ciò che di più ama è il lavoro in campagna, il suolo, le biodiversità, lo studio delle piante bioindicatrici. Mi spiega che a formare il team sono tutti membri della grande famiglia Ermacora, ciascuno nel suo ruolo e nel rispetto del ruolo di ciascuno.
La visita è iniziata a Montsclapade. Questa zona dei Colli Orientali (20 ettari di vigna e 10 di boschi e prati) è appartenuta all’azienda Dorigo fino al 2012, quando fu rilevata da Ermacora. Montsclapade è un toponimo che indica una collina (“mont”) “sclapade”, che in friulano vuol dire rotta, tagliata a colpo secco da un’ascia. Infatti, la strada che abbiamo percorso sotto il sole divide a metà l’altura. “Fossimo in Francia – mi spiega Nicola – la si definirebbe “cru”, come avrebbe voluto a suo tempo Girolamo Dorigo, che ha cercato di applicare per primo in Friuli il concetto francese su queste colline: la perfetta combinazione tra un terreno peculiare e il vitigno più adatto ad esso, in virtù della produzione di vini di alta qualità.”
Ciò significa che a ciascun versante di ogni collina corrisponde una parcella, ovvero vigneti di specifici vitigni che vengono vendemmiati e vinificati in modo distinto.
“Nel 2016 abbiamo avuto l’opportunità di acquisire l’azienda Fantin Nodar e riunire anche l’altro versante della collina con altri 20 ettari. Oltre ai vigneti, è passato in Ermacora anche l’edificio di Orsaria, che precedentemente ospitava la sede di Fantin Nodar e che per noi è diventato l'”Altra cantina”. Qui, dopo una ristrutturazione durata 3 anni, abbiamo spostato tutta la vinificazione, in quanto la struttura è perfettamente al centro della direttrice tra Montsclapade, Buttrio (sul fondo collina abbiamo 7 ettari) e gli altri vigneti che formano il nostro corpo centrale di circa 23 ettari. Ci assicura di poter vinificare nel modo migliore, limitando il più possibile i tempi di passaggio tra vendemmia e lavorazione, anche in giornate di grande caldo.”
Mi confessa che avere due cantine non è proprio l’ideale al momento, visto che è capitato che ospiti o clienti abbiano sbagliato indirizzo tra Ipplis e Orsaria. Ci stanno lavorando e presto troveranno una soluzione a quest’unica, grande identità Ermacora.
Nell’Altra cantina, quindi, si vinifica: utilizzano solo uve di proprietà, mono varietali per parcella. “Successivamente, a marzo scegliamo i vini per l’assemblaggio. Ad esempio, il nostro friulano è il risultato dell’assemblaggio di ben 15 diversi friulani e ogni anno la bottiglia che presentiamo ha una storia a sé. Li scegliamo, li dosiamo per raggiungere sempre un’alta qualità. Se uno o più di questi 15 vini non ci soddisfano, li utilizziamo per la nostra seconda linea. Non ci sono vigneti predestinati: trattiamo ogni filare con la stessa cura e attenzione, si giudica la bontà del vino tutto alla fine in base al risultato ottenuto.”
Durante la camminata in vigna con Nicola, ho notato che in una parte della collina stavano facendo dei trattamenti. “Si aspetta che la ponca sia sufficientemente asciutta e dura, condizione ottimale dei terreni per entrare col trattore nel vigneto. Se ha piovuto da poco, la terra argillosa rischia di pressarsi sotto le gomme del mezzo e di creare mattoni troppo compatti, che non fanno respirare il suolo. Oggi stiamo effettuando trattamenti con rame e altre sostanze naturali: il rame ha il compito di sanificare e cicatrizzare
le ferite lasciate dalla grandine, il propoli di supportare le difese immunitarie delle piante e il concime fogliare di aiutare le viti nella parte delle foglie, affinché le loro energie si concentrino sui grappoli.”
Ho scritto “ponca”? È la particolare conformazione rocciosa del terreno tipica di questa parte del Friuli, cioè un’alternanza di marna (argilla calcarea) e sabbie calcificate (arenarie). Hanno due consistenze diverse: la prima assorbe facilmente l’acqua, la seconda è dura e impermeabile. Un’attenta gestione dei mezzi di lavoro nel vigneto garantisce il mantenimento di un terreno soffice, drenante, non troppo compattato.
Sempre in merito alla lavorazione del suolo, ho scoperto inoltre, che le piante giovani vengono “educate”: nei loro primi 5 anni si lavora molto il terreno, spezzando le radici superficiali, dando loro memoria e “insegnando” loro di far crescere le radici in profondità. Successivamente, viene lasciato inerbito. L’erba ha importantissime funzioni: protegge il suolo dalle radiazioni solali, mantiene costante l’umidità, regola la temperatura, ne decompatta la struttura e contribuisce all’assorbimento della pioggia. L’obiettivo è mantenere un sovescio più naturale possibile, conservando il prato anche con una eventuale semina.
Siamo arrivati nell’Altra cantina e lì ho visto la parte dedicata alla vinificazione. Per Ermacora tante parcelle, significano tanti vini e per riuscire a contenerli tutti e ottimizzare lo spazio, si è optato per lo sviluppo in verticale delle cisterne: tre vasche una sovrapposta all’altra.
“Per l’affinamento in legno utilizziamo principalmente barrique, dove lasciamo riposare la nostra miglior parcella di merlot, refosco e cabernet sauvignon per 3 anni. Le assaggiamo e scegliamo tra questi i migliori legni dei migliori rossi, che confluiscono nel nostro unico blend, il Rîul. Il pignolo riposa in botte 4 anni, lo schiopettino 1 anno e il picolit che fa almeno 3 anni di legno.”
Rientrati nella “Prima cantina”, abbiamo finalmente messo in pratica tutta la teoria spiegata finora con una degustazione di pinot bianco (minerale, preciso, elegante), friulano (realizzato con 10 friulani, di corpo e sapore), malvasia (profumato di erbe aromatiche, sapido, di mare), schiopettino e pignolo. Che dire… vini spettacolari!
“All’estero puoi trovare i nostri vini in Danimarca, Germania, a Londra, Budapest, Chicago e New York. Il 25% della nostra produzione si stappa oltreconfine, il 70% si beve in Friuli, il rimanente nel Nord Italia.” Insomma, noi qui non rischiamo di restare senza.
Sorpresa super gradita: Nicola mi ha regalato il libro “Pignolo Cultivating the Invisible” scritto da Ben Little (che ho conosciuto di persona alla cena di gala del Consorzio Colli Orientali e Ramandolo) e che sto leggendo con grande piacere.
Grazie Nicola, grazie Demis.